Se vuoi davvero "vivere la matematica", devi saperla leggere, scrivere e parlare, perché ha alfabeto, lessico e sintassi specifici, insomma: ha un linguaggio tutto suo!
Come nella lingua italiana, anche la lingua matematica è fatta di proposizioni che vengono dette enunciati. Ogni enunciato ha un soggetto (ente matematico che compie o subisce l'azione) e un predicato che ne descrive l'azione.
Il predicato è il verbo di una frase. Riesci a intuire quali siano i verbi matemagici?
Sono esempi di predicati:
∈ (appartenere a)
⊇ (includere)
⊃ (includere strettamente)
⊆ (essere incluso in)
⊂ (essere incluso strettamente in)
= (essere uguale a)
≠ (essere diverso da)
≈ (essere simile a)
≅ (essere congruente a)
∥ (essere parallelo a)
⊥ (essere perpendicolare a)
> (essere strettamente maggiore di)
≥ (essere maggiore o uguale a)
< (essere strettamente minore di)
≤ (essere minore o uguale a)
Sono predicati anche le negazioni dei predicati sopra elencati (non appartenere a, non includere, etc.) che si indicano barrando il simbolo corrispondente con / , come per esempio: ∉ (non appartenere a).
Minore e maggiore sono notazioni che anche la musica utilizza per indicare una relazione d'ordine, cioè la crescenza o la decrescenza dell'intensità del suono:
Hai visto quanti predicati? E sono soltanto alcuni! Si tratta di veri e propri verbi, come nella lingua italiana!
A differenza di quanto accade nella lingua italiana (e in qualsiasi altra), però, gli enunciati di quella matematica hanno una caratteristica: o sono veri o sono falsi ("forse", dipende" o "a volte" in matematica non esistono!).
Chiaro? Nessuna via di mezzo, nessun compromesso...
Quindi:
1. ogni enunciato matematico è o vero o falso;
2. inoltre, per essere vero, deve esserlo in tutti i casi che l'enunciato considera, altrimenti è falso.
Per alcuni enunciati, poi, si può dimostrare che non è possibile dedurre se siano veri o falsi (attenzione: pur essendolo): essi vengono detti indecidibili. Non significa che per essi ancora non si sia riusciti a dedurre la loro veridicità (cioè se siano veri o falsi), ma che è dimostrabile il fatto di non poterla dedurre!
Uh uh... ti gira la testa? Tutta colpa del matematico Kurt GÖDEL (1906-1978) e dei suoi teoremi di incompletezza... ti aiuto? Il fatto che un enunciato sia vero (o falso) non implica che sia sempre facile o possibile dimostrare che lo sia! Meglio, così?
Gli enunciati possono esprimere:
ENTI PRIMITIVI o FONDAMENTALI: enunciati da cui ogni altra definizione proviene. Non possono perciò essere definiti, ma se ne descrivono le proprietà;
DEFINIZIONI: enunciati in cui si assegna a un termine specifico il significato grazie a termini già definiti;
ASSIOMI o POSTULATI: enunciati da cui ogni altro enunciato proviene. Non possono perciò essere dimostrati e li si accetta come veri senza dimostrazione;
TEOREMI: enunciati la cui verità è dedotta necessariamente da altri enunciati;
CONGETTURE: enunciati non assiomatici, presunti veri, ma la cui verità non è ancora stata dimostrata;
COROLLARI: enunciati che conseguono immediatamente da teoremi appena enunciati e dimostrati.
Teoremi e corollari permettono di dimostrare le proprietà degli enti matematici.
Quindi, hai capito bene?
In matematica, tolti pochissimi enunciati assunti per veri da cui tutto il resto discende, si può dire che un enunciato sia vero soltanto se lo si può dimostrare!
Per dimostrare un teorema, una congettura, una proprietà o un corollario, spesso sono possibili più strade, ma tutte devono procedere per catene di deduzioni necessariamente conseguenti le une dalle altre.
ATTENZIONE: in generale, un esempio non dimostra un enunciato. Se, però, l'enunciato è falso, poiché un enunciato o è vero in ogni caso o non lo è, a dimostrarne la falsità basta un esempio che lo contraddica: tale esempio è detto controesempio.
Altra caratteristica del linguaggio matematico?
Nel linguaggio matematico si evitano ridondanze e dettagli superflui: ogni enunciato considera esattamente tutte e sole le parole che servono per esprimerlo. Ecco che allora ogni parte del discorso ha un preciso motivo d'essere.
... la matematica sceglie le sue parole con il lanternino...
Per esempio, l'articolo indeterminativo ha la funzione di quantificatore universale: indicando un ente in un colpo solo si riferisce a tutti e soli gli enti che sono come lui, hanno cioè la stessa comune caratteristica.
Esempio: in un triangolo, la somma degli angoli interni misura 180°. Ciò significa che in ogni triangolo, ciò accade o, altrimenti detto, che la condizione di essere un triangolo è sufficiente affinché la somma degli angoli interni misuri 180°.
In ogni definizione deve essere perciò inequivocabile la caratteristica che accomuna tutti e soli gli enti considerati.
Vuoi capirlo meglio? Immagina che esistano in matematica alcune curiose figure geometriche d'invenzione chiamate PANCOFFI: con gli indizi che sto per darti, riusciresti a risalire alla caratteristica che accomuna tutti e soli i PANCOFFI e che ti permette perciò di definirli in modo inequivocabile?
PLAYMATH Quale caratteristica accomuna tutti e soli i pancoffi? E i piropolli? E i rompucci? E i vertelli? Sfida i tuoi compagni nel dedurre quali siano le definizioni di questi buffi enti geometrici!
(tratto da "Contaci!" di Bertinetto, Metiäinen, Paasonen, Voutilainen, Zanichelli, 2022)
Vediamo ora come si mettono in relazione fra loro i singoli enunciati...