Tanto per cominciare: attenzione al lessico! Che cosa NON è un insieme?
Un insieme non è...
... una COLLEZIONE: perché ciò che contraddistingue una collezione, nel linguaggio attuale, è la caratteristica comune a tutti (e soli) i suoi elementi, caratteristica che alcuni insiemi possono anche non avere (per esempio, insiemi costituiti da elementi assortiti a caso). Ciò che non può mancare a un insieme è il criterio, non la caratteristica!
.. una UNIONE: il termine unione ha un significato specifico nella teoria degli insiemi, non è sinonimo di raggruppamento.
Chiarito questo: serve insistere tanto sugli insiemi?
Sì, sì, assolutamente sì!
Sia per ragioni storiche, sia per lo sviluppo del pensiero matematico, sia per necessità ontologica dell'aritmetica stessa.
Addirittura... ma perché mai matematici eccellenti dedicarono le loro energie a un argomento apparentemente quasi banale?
Fra Ottocento e Novecento, in un momento storico in cui veniva messa in discussione addirittura la matematica stessa e se ne cercavano spasmodicamente fondamenti da cui fare discendere la costruzione di ogni altra branca, gli insiemi furono eletti come enti fondamentali con cui costruire le basi dell'aritmetica: così, la cardinalità degli insiemi servì a definire il concetto stesso di numero, inteso come numero naturale. Infatti:
card(Ø) = 0
card({Ø}) = 1
card({Ø; {Ø}}) = 2
card(Ø; {Ø}; {Ø; {Ø}}) = 3
e così via, come proposto da Georg CANTOR (1845-1918) che della corrispondenza biunivoca fra cardinalità e numeri si servì per sviluppare la sua teoria ingenua degli insiemi, applicandola a quelli infiniti, stabilendo una gerarchia fra infiniti.
La teoria ingenua degli insiemi (quella che studi a scuola, per intenderci) come fondamento di tutta l'aritmetica? Che responsabilità!
Divenne, quindi, determinante accertarsi che la logica degli insiemi rappresentasse fondamenta sicure per l'aritmetica, cioè non contradditorie (bisognerà aspettare il 1931 per scoprire con Gödel che nessuna teoria fondante l'aritmetica può dimostrare la propria non contradditorietà).
FRIEDRIC FREGE (1848-1925)
Ne era certo il filosofo Friedric Ludwig Gottlob FREGE (1848-1925) che riteneva che tutta la matematica discendesse dalla logica; perciò, analogamente a ciò che fece Euclide e come si fa per ogni nuova teoria, cercò di identificare anche per questa dei buoni assiomi di partenza che individuò nei seguenti:
1) il principio di estensionalità, secondo cui un insieme è univocamente determinato dai suoi elementi, altrimento detto: 2 insiemi sono lo stesso insieme se e solo se contengono gli stessi elementi;
2) il principio di comprensione, che afferma che ogni proprietà determina un insieme, altrimento detto: scelta una proprietà (caratteristica), è sempre possibile costruire un insieme formato da tutti e soli gli elementi che possiedano tale caratteristica, cioè godano di tale proprietà.
E fin qui... sembrerebbe ovvio! E invece...
Bertrand RUSSELL (1872-1970) nel 1901 mise in evidenza una antinomia, cioè una contraddizione logica relativa al principio di comprensione, producendo un celebre controesempio, conosciuto sotto il nome di paradosso di Russell. Lo espresse in forma matematica: scegliendo come proprietà caratteristica l'"essere insiemi che non appartengono a se stessi", Russell dimostra che essa non può caratterizzare nessun insieme.
Precisamente notò che:
esistono insiemi che appartengono a se stessi, così come esistono insiemi che non appartengono a se stessi (la quasi totalità). Infatti, egli considerò un "concetto astratto": esso è astratto. Poi considerò C = {concetti astratti}: poiché C è un insieme e ogni insieme è un concetto astratto, allora C è in particolare anche un elemento di C, cioè appartiene a se stesso. D'altra parte, un qualsiasi insieme di numeri, invece, è un insieme che non appartiene a se stesso, poiché un insieme non è un numero;
se si considera l'insieme R = {insiemi che non appartengono a se stessi} = {S ∉ S}, allora si ha che:
R ∈ R ⇔ R ∉ R
Infatti:
se R ∈ R, allora R è un elemento di R e in quanto tale è un insieme che non appartiene a se stesso, quindi R ∉ R;
se R ∉ R, allora R non appartiene a se stesso, quindi è uno degli insiemi che non appartengono a se stessi, cioè è un elemento di R, per come è definito R. Quindi: R ∈ R.
ma allora R sembra un insieme, ma non è un insieme! Perché la caratteristica "essere insiemi che non appartengono a se stessi", anche se costituisce un criterio chiaro e oggettivo, è contradditoria.
quindi "essere insiemi che non appartengono a se stessi" non caratterizza nessun insieme: questo fa cadere la veridicità del principio di comprensione di Frege e, con esso, la fondatezza della teoria ingenua degli insiemi.
C'è da perderci la testa, vero? Anche Russell lo pensò e lo riformulò in un linguaggio che non fosse strettamente matematico:
"In un villaggio c'è un unico barbiere e rade tutti e soli gli uomini del villaggio che non si radono da soli.
Chi rade il barbiere?"
La proprietà caratteristica "radersi da soli" sembrerebbe ripartire l'insieme di tutti e soli gli uomini di quel villaggio in 2 raggruppamenti disgiunti:
quello di tutti e soli gli uomini del villaggio che si radono da soli;
quello di tutti e soli gli uomini del villaggio che non si radono da soli.
Ma il barbiere, seppure sia un abitante del villaggio (e dunque appartenga all'insieme di partenza), non appartiene a nessuno dei 2 raggruppamenti. Infatti:
se si rade da solo, essendo lui il barbiere, allora è raso dal barbiere che però rade tutti e soli coloro che non si radono da soli, quindi il barbiere è uno che non si rade da solo (contro l'ipotesi che si rada da solo);
se non si rade da solo, allora è raso dal barbiere che però è lui stesso, quindi il barbiere è uno che si rade da solo (contro l'ipotesi che si non rada da solo).
In questa formulazione, non è un vero e proprio paradosso: i ragionamenti di cui sopra dimostrano semplicemente che un barbiere con una siffatta caratteristica non esista.
Diverso è se la domanda parta dall'assunto che un tale barbiere debba esistere e che dunque si debba necessariamente ascrivere il barbiere a uno dei 2 insiemi: allora una risposta non c'è e si giunge a una contraddizione, una vera e propria antinomia: il paradosso di Russell, per l'appunto!
Questo è equivalente a dire:
se B = {insiemi di uomini del villaggio che non si radono da soli}, allora si ha che:
{BARBIERE} ∈ B ⇔ {BARBIERE} ∉ B
poiché:
se {BARBIERE} ∈ B, allora BARBIERE si fa radere dal barbiere; poiché c'è un solo barbiere (lui stesso), nessun altro può raderlo, quindi si rade da solo; quindi {BARBIERE} ∉ B;
se {BARBIERE} ∉ B, allora BARBIERE si rade da solo e, essendo lui il barbiere, quindi si fa radere dal barbiere; quindi {BARBIERE} ∈ B.
Allora B non è un insieme! Perché la caratteristica "essere insiemi di uomini del villaggio che non si radono da soli", anche se costituisce un criterio chiaro e oggettivo, è contradditoria.
La proprietà "non radersi da soli" non permette, quindi, di costruire un insieme con tale caratteristica, senza cadere in una contraddizione.
Diciamolo con parole nostre...
A Tripotter, gli incidenti magici sono all'ordine del giorno.
Per riparare oggetti, artefatti e incantesimi andati a male, c'è un'unica figura: il RinnoMago.
Egli ha una regola d'oro, rigorosamente rispettata:
ripara tutti e soli gli oggetti magici degli studenti e dei professori che non sono in grado di riparare i propri oggetti da soli.
La domanda è questa:
chi ripara gli oggetti magici del RinnoMago?
Che... fregatura, è proprio il caso di dirlo, povero Frege!
Frege si arrese, dopo una vita interamente spesa nel tentativo di produrre una buona base assiomatica degli insiemi, al punto da dichiarare: “Ad uno scrittore di scienza ben poco può giungere di più sgradito del fatto che, dopo aver completato un lavoro, uno dei suoi fondamenti venga scosso”.
Ma non solo: molti matematici iniziarono così a metter seriamente in dubbio la teoria degli insiemi e, con lei, l'intera validità di qualsiasi impianto matematico.
Ernst Friedrich Ferdinand ZERMELO (1871-1953), invece, continuò a cercare buoni assiomi per fondarla, superando ogni antinomia, in modo che nel loro complesso fondassero una teoria:
coerente = senza contraddizioni
completa = capace di provare la veridicità di ogni sua proposizione
dando vita alla teoria assiomatica degli insiemi su cui si basa tutta la matematica moderna.
Lo stesso Russell superò il suo paradosso, offrendo contributi importanti alla teoria assiomatica degli insiemi.
Ma non finisce qui: il paradosso di Russell offrì importanti contributi alla metalinguistica e addirittura allo studio di alcune patologie psichiatriche caratterizzate dalla difficoltà di distinguere il piano linguistico da quello metalinguistico...
Quanto c'è dietro e dentro la teoria degli insiemi!